martedì 29 ottobre 2013

L’Occidente,

dicesti con poca fantasia, è la terra che osserva il suo tramonto. [Intendevi restituire un’immagine epocale…certo non proprio originale: l’Occidente è, per definizione, il luogo del tramonto e dell’aver coscienza del tramonto. L’osservare, dunque, non è un atto volontario dell’osservatore ma la necessità dell’accadere di un evento…] Non so cosa c’entrasse questo con l’incipiente autunno. [Immaginavo essere questo il risultato di parole che andavo rimuginando da tempo e che costruivano una diversa narrazione del nostro passato. Una narrazione che sostituiva quella narrata fino ad allora…E, la cosa non ti sembrerà strana, vera come la prima.] Una narrazione che, nella sua banalità, introduceva qualcosa di istantaneo nel destino di un’epoca: il noi sarebbe dovuto tramontare? E in quale forma specifica sarebbe avvenuto il suo tramonto? Era in gioco la nostra volontà o l’accettazione di un processo che ci conteneva e al tempo stesso, di noi, se ne fotteva? E perché le tue parole e le mie solitarie domande? E’ questo autunno – dicesti non senza solennità – che sta giocando contro di noi…Francamente non ero intenzionato a ascoltare di più. La situazione andava consegnata al passato…

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