martedì 15 ottobre 2013

Piazza Dante incrociava i nostri pensieri.

Luogo d’apparizione e separazione. Luogo di saluti e attese. Una volta, ma potrei sbagliarmi, passammo un intero pomeriggio a parlare con un poeta argentino. Uno dei tuoi ultimi acquisti. Acquistato a una svendita. Ne sono certo: anche la panchina si ruppe i coglioni delle sue litanie. Tu, poi, non ne parliamo proprio: quando ammise di non conoscere Montale, la tua pazienza democratica ebbe un crollo: “Sei solo bello…” Il poeta s’emozionò ma era solo il tuo modo per congedarlo. Non me la presi. Non me la sono mai presa. Lui non se ne accorse. E non credo che Montale abbia mai lamentato la sua assenza: “Attendo un cenno, se è prossima/ l’ora del ratto finale…” Quell’ora non è mai scoccata. Direi meglio: la tua ora non coincise con la mia. La mia, adesso, non coincide con la tua. Restano le panchine a piazza Dante. Resta la fermata dell’autobus. Resta “il nulla che basta a chi vuole/ forzare la porta stretta…” Chi vuole?

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